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L'influenza del francese

Par   •  25 Avril 2018  •  15 198 Mots (61 Pages)  •  463 Vues

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Il contributo delle lingue non inglesi, inoltre, non è circoscritto ai sostantivi, aggettivi e verbi, ma si estende ai prefissi e suffissi, e addirittura a forme grammaticali. La stessa grafia è profondamente influenzata da usi latini e francesi. Marchand osserva al riguardo che «the system of English word-formation was entirely upset by the Norman Conquest. This does not mean that the present system is due to the Normans, but the Normans paved the way for the non-Germanic trend the language has since taken. It is due to the continuous contact with France that English borrowed so many words from French which, as a matter of course, occasioned the rise of prefixes and suffixes out of these loans. And it is due to the Romanization, through French, of the English vocabulary that Latin words could so easily be adopted»[8].

Gli inizi dell’influenza del francese sull’inglese non comincia, però, con la conquista normanna. Il re Edoardo il Confessore (1042-1066) era stato educato in Normandia e al ritorno in Inghilterra, dopo il regno di Canuto, aveva portato con sé amici francesi, laici ed ecclesiastici. Il numero dei prestiti documentati dell’inglese antico, cioè prima della la conquista, è però molto ridotto e poco significativo: si può ricordare prud (proud), e il sostantivo pryd (pride); sot (folle); tur (tower); capun e bacun; tumbere (danzatore), dal francese tomber; e il verbo servian[9].

Dopo la conquista il numero dei prestiti aumenta, anche se sempre in modo circoscritto. In questo periodo l’influenza del francese riguarda più che altro un vocabolario bellico-architettonico: il lessico inglese si arricchisce di un’arma, arblast (arbalest), edifici che si chiamano prisun, crucet-hus (cella di tortura), e castel, con il senso attuale del termine (e non nel significato di villaggio dal latino castellum). La Cronaca di Peterborough attesta una serie di prestiti che indicano persone di un certo rango: abbat, canonie, cancelere, capelein, cardinal, cuntesse, emperice, due, prior, legat, e inoltre curt (court), rent, tresor, iustise, pais “peace”, priuilegie, processiun, miracle, carité[10].

Più in particolare Cecily Clark ha condotto uno studio sul vocabolario della Peterborough Chronicle, portando l’attenzione dei prestiti dal francese ed individuando una serie di termini di uso frequente[11].

abbot,- rice

cuntesse

offrede

acorded, -e, -on,

curt

pais

Aduent

dæcne

Pasches

anno

dubbade

prior

Bataille

duc

prisun

calicen

emperice

priuilegies

cancelere

fals

procession

canonie

iustise

rentes

cantelcapas

iudeus

rice

capelein

laces

sotlice, -scipe

capitele

legat

standard

cardinal

luna

tenserie

carited

Malueisin

Theophanie

castel, -men, worc

market

tresor

cellas

martir

tur

clerc

messe

uuerre, wyrre

concilie

miracles

uuerrien

corona

muntes

(treson)

crucethur

Natiuited

Il confronto con i corrispondenti moderni di alcuni di questi termini mostra delle differenze che non sono dovute all’evoluzione normale della lingua: chancellor e charity non derivano direttamente, infatti, da cancelere e carité. Le due forme caratteristiche, e cioè cha- invece di ca-, e -y (da -e) invece di -eth, sono dovute all’influenza del francese del nord e non dal francese centrale, da cui deriva il francese moderno.

Nell’XI e nel XII secolo i prestiti dall’anglonormanno aumentano gradualmente e raggiungono il numero di circa 900. Il trapasso di un vocabolo da una lingua ad un’altra è motivato solitamente dal fatto che il «new concepts are introduced by one group of speakers and together with the new notions their labels are also adopted»[12]. Duc o tenserie illustrano questo processo. Un’altra ragione è legata a considerazioni sociali: anche se un linguaggio possiede un vocabolario idoneo ad esprimere un concetto, un termine straniero può essere adottato in quanto maggiormente prestigioso. In questo caso, i termini stranieri sopravvivono come sinonimi o rimpiazzano il vocabolo originario.

Cecily Clark ha individuate questi processi linguistici e sociali nella Peterborough Chronicle, soprattutto dove «French words had already got the upper hand and ousted the Old English synonyms from the text of the chronicle»[13]. Così la nozione di treasure compare nella terza parte dell’opera nella forma di tresor, mentre nella prima e nella seconda parte la stessa nozione è espresso con gærsum (un termine norvegese), maðum

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